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Lo specchio nella letteratura

SONNET 62 by William Shakespeare  (1594-1595)

Sin of self-love possesseth all mine eye,
And all my soul and all my every part;
And for this sin there is no remedy,
It is so grounded inward in my heart.
Methinks no face so gracious is as mine,
No shape so true, no truth of such account;
And for myself mine own worth do define,
As I all other in all worths surmount.
But when my glass shows me myself indeed,
Beated and chopp'd with tann'd antiquity,
Mine own self-love quite contrary I read;
Self so self-loving were iniquity.
   'Tis thee, myself, that for myself I praise,
   Painting my age with beauty of thy days. 



Traduzione 

Peccato di vanità domina i miei occhi,
l'intera anima mia ed ogni mio latro senso;
e per questo peccato non v'è alcun rimedio,
tanto è radicato nell'intimo del mio cuore.
Penso che nessun volto sia gentile quanto il mio
Né forma più perfetta, o perfezione sì pregiata;
e al mio proprio merito attribuisco tal valore
ch'io supero ogni altro in qualsiasi campo.
Ma quando lo specchio mi svela come sono,
colpito e disfatto da consunta vecchiaia,
leggo al rovescio questo amore di me stesso:
sarebbe cosa infame amare quell'io che vedo.
Sei tu, il mio vero io, che elogio in vece mia,
rinverendo la mia età col colore dei tuoi anni.



L'autore e l'opera: William SHAKESPEARE (1564-1616) fu poeta e drammaturgo inglese. oggi considerato l'autore più rappresentativo della sua Nazione.
 Il sonetto qui proposto è tratto dai "Sonetti" ed ha come oggetto l'amore per un giovane ragazzo, il fair Youth, a cui l'autore si riferisce negli ultimi due versi.
Il sonetto è chiaramente bipartito: i primi otto versi sono incentrati sulla pura venerazione di sé stessi che arriva fino al peccato di vanità, mentre nei versi 9-14 abbiamo la presa di coscienza della vecchiaia e delle proprie imperfezioni. Tale rivelazione avviene attraverso lo specchio (v.9) che ha qui la funzione maieutica di aiutare l'uomo a raggiungere una consapevolezza in più: quella dei propri limiti.

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