Mentre durante il Rinascimento le vedute all'aperto potevano anche essere di fantasia, dal XVIII secolo cominciano a diffondersi le viste dal vero e dunque nascono le "camere oscure" (come quella sopra) che sfruttavano il riflesso di uno specchio posto alla sommità della camera per ottenere riflessa sul foglio dell'artista (vedutista) un'immagine quanto più possibile chiara che poi veniva ricalcata sul foglio e successivamente dipinta.
Un altro esempio tipico di questo periodo prefotografico è il cosiddetto specchio di Claude (o black mirror), ampiamente utilizzato dai pittori per rendere al meglio grandi spazi all'aperto. Si trattava di piccoli specchi neri e convessi, tascabili, che riuscivano ad attenuare la saturazione del colore grazie alla prospettiva distorta con una perdita di dettaglio (soprattutto le ombre) ma un'unificazione nella linea e nella forma.
In basso abbiamo un black mirror e un dipinto di Claude Laurrin ("Panorama con Enea a Delos", 1672) da cui lo specchio prende il nome.
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